LA MANDRIA DI CHIVASSO
Ai margini di un paese sospeso fra agricoltura e piccola industria, un po’ defilato, in mezzo alla campagna esiste un piccolo gioiello dell'architettura settecentesca. Nuova foto e nuova storia pescata dalla pieghe della Storia…
Qualche tempo fa ricevo un messaggio. Un vecchio amico, fotografo, che non sentivo da tanto, mi racconta di questi vecchi edifici e di come un gruppo di volontari voglia farli uscire dall'oblio del tempo e ridargli nuova vita. Mi propone di realizzare alcune immagini. Di raccontare come la Mandria sia oggi. Naturalmente accetto.
Comincia così la mia storia della Mandria. Pur vivendo a due passi da lì quegli edifici erano sepolti nel dimenticatoio del tempo. Mai mi ero interessato a quei ruderi, a quelle pietre, che in passato tanta importanza avevano rivestito per tutto il territorio. Dopo aver cercato in rete un po’ di notizie decido di fare un primo sopralluogo. Vado senza nessun strumento che possa distrarre il mio occhio. Vado solo con la mia curiosità. Vado con la mente libera. Vado per scoprire quanto della Mandria sia arrivato ai giorni nostri. Vado per ascoltare la storia di quello che ancora è rimasto in piedi.
Attraverso distese di campi diligentemente arati e coltivati dai moderni mezzi agricoli.  Mi stupisco di come a due passi da una cittadina congestionata dal traffico e dai palazzi possa ancora esistere tanto spazio libero. Spero che la lunga mano dell'edilizia selvaggia si fermi davanti a questo vuoto e decida di risparmiarlo.
Arrivo alla mia meta. Fermo l'auto e resto in ascolto. Il silenzio è rotto solo dalla voce lontana dei trattori al lavoro. L’ anima agricola è ancora viva dopotutto. Entro nel complesso con un misto di curiosità e riverenza. Questa enorme cattedrale di mattoni ha l'aspetto stanco. Gli edifici austeri e votati al lavoro hanno le finestre sfondate. I tetti dalle travi ormai incurvate lascino immaginare quanti inverni carichi di neve abbiano visto. Cumuli di spazzatura riposano in un angolo. Vecchi mezzi agricoli riposano per sempre coperti di terra e polvere sotto porticati che sembra debbano crollare da un momento all'altro. Una parte però vive ancora. Panni stesi. Finestre aperte ornate di fiori freschi. Eco di muggiti lontani lasciano pensare a stalle colme di animali. Sotto le travate moderni trattori sono in attesa del duro lavoro nei campi. Non tutto del passato è andato perso.
Decido tuttavia di raccontare l'incuria degli anni di abbandono. Quell'incuria figlia dell'ignoranza che ha lasciato il complesso in balia di mani incapaci. Cerco inquadrature e luci che meglio possano mettere in risalto i fasti del passato e lo stato di degrado in cui versa il complesso. Il sole sta calando. La luce calda accende il rosso dei mattoni privi di intonaco trasformando l'atmosfera già calma e surreale. Torno alla mia auto pensando alla seconda visita. Quella in cui cercherò di trasformare in immagini quello che la voce stanca della Mandria ha voluto raccontarmi. Tornando a casa immagino i campi attorno a me brulicare di vita e di attività. Contadi al lavoro sulle messi. Addestratori con i cavalli destinati alla guardia del re. Donne intente nei lavori di casa. Davanti agli occhi  ho la vita dimenticata di un piccolo centro agricolo d'eccellenza che lentamente svanisce. Dalla nostra storia. Dalla nostra memoria.
Alla prossima…


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