PREGHIERA
Tranquilli. Non è un post religioso. Per principio non parlo mai di calcio, politica o religione. Si rischia di litigare toccando certi argomenti, preferisco evitare. 
Ma l’immagine mi piaceva. Soprattutto perché l’ho trovata nel mio archivio facendo pulizia. Non ricordavo nemmeno più di averla scattata. Poi rivedendola mi sono ricordato la sua storia. Magari volete ascoltarla anche voi. Bene mettevi comodi. Musica sul piatto…non mi sento di consigliarvi il canto gregoriano, anche se ci starebbe bene, quindi in questo caso metteteci quello che volete, se volete ovviamente…
La foto in questione è una delle prime che usci dalla mia macchina fotografica. All’epoca sapevo appena leggere e scrivere, fotograficamente parlando…(non che ora sia un genio della fotografia, intendiamoci!). Usavo un macchinone a pellicola grosso, pesante e rumoroso. Il click si sentiva. Immaginatevi in una chiesa silenziosa cosa doveva essere. 
In vacanza in una nota località turistica del sud, passeggiando sotto un sole che picchiava come solo al sud picchia, con quella ferraglia di macchina fotografica che pesava sulla spalla sempre di più ad ogni passo, vengo rapito dalla bellezza di una cattedrale affacciata su un piccolo porto. Tutta in pietra, enorme, massiccia, incuteva riverenza e sollievo dell’anima allo stesso tempo. L’avranno sicuramente costruita lì per proteggere la città dalla furia del mare e benedire la pesca e i pescatori. Cosa può far fare la fede! (Spostare le montagne mi dicevano a catechismo). Decido di vedere dentro com’è. Mi stacco dal gruppo, e mi dirigo verso la porta. E pazienza se non mi trovano più. Mi conoscono, sapranno dove trovarmi penso. Quell’edificio meritava la visita. Sentivo già allora il richiamo di una bella storia. 
Arrivo davanti al portone principale. Legno massiccio splendidamente scolpito con figure di santi. Una gioia per gli occhi. Gli artigiani del passato erano veri maestri nella loro arte. Realizzavano oggetti stupendi con strumenti per noi oggi a dir poco primitivi. Spingo la pesante porta. Pesante sul serio. Sono dentro. Gli occhi ci mettono un momento ad abituarsi passando dalla forte luce esterna a quella fioca dell’interno. Il silenzio è surreale. Come in tutte le chiese del resto. Assordante quasi. La città fuori con il suo fracasso sembra essere sparita. Non si sente nulla. I miei passi sulle pietre del pavimento misurano lentamente tutta l’altissima navata centrale arrivando fino all’altare maggiore. I miei occhi si riempiono della spartana bellezza degli interni. Statue lignee scolpite dalle sapienti mani di artisti medievali raffigurano numerosi santi e madonne, tutte splendidamente addobbate dalla devozione secolare dei fedeli. 
La chiesa è apparentemente vuota. Giro dovunque. Ammirando e ammirato allo stesso tempo. Poi vedo una figura. Sta diritta in una piccola cappelletta laterale davanti ad un trittico ligneo. Un raggio di luce, da una finestra che non vedo illumina la scena. Mi fermo. Indeciso su cosa fare. Oggi lo saprei. Tirare diritto e lasciare a quell’uomo la sua intimità con il Creatore. Ma all’epoca sapevo appena leggere e scrivere. Non solo in fotografia. Presi la decisione sbagliata. Forse. Occhio nel mirino. Click. Un click che risuonò per tutto l’edificio. L’uomo non si mosse, non si accorse di nulla. Forse perché quel click lo sentii solo io così forte da far tremare l’edificio. Così forte da sembrare un rimprovero. In quel click la mia prima storia. La storia di un uomo che probabilmente cercava conforto ai suoi problemi rivolgendosi all’entità suprema che nella sua sconfinata fede avrebbe potuto aiutalo. In quel click la domanda che mi avrebbe accompagnato sempre insieme alla macchina fotografica. Testimone di una storia, saprai raccontarla? 
Poi arrivò la comitiva che finalmente mi aveva ritrovato. E riportato alla realtà. Uscii…ma con la consapevolezza di aver imparato una lezione. E con una storia dentro. La prima…di tante…
Ancora oggi, davanti a scene del genere, mi chiedo se sia giusto o no fermarle per sempre. A volte mi rispondo di si. Altre volte mi dico che il posto migliore dove fermare quelle scene è dentro di se. Perché a saperle leggere si impara qualcosa. E si cresce. Buona visione. 
Alla prossima…


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