SI CHIAMANO PASSANTI PERCHE' PASSANO

Quante persone incontriamo nell'arco di una vita? Con quante ci fermiamo a parlare anche solo un momento? Quante di queste persone possiamo dire di conoscere veramente?

In treno, sulla metro, al supermercato, durante una rilassante passeggiata al parco, incontriamo forse centinaia di persone. Di loro non sappiamo nulla. Chi sono, da dove vengono, cosa fanno. Nulla. Eppure siamo tutti qui. In una spazio finito. Non possiamo andare in un altro luogo. Eppure, spesso, non rivolgiamo loro neppure di uno sguardo.

La nostra voglia di conoscere il prossimo si è persa negli schermi degli smartphone. Si è annullata nella paura del prossimo.  I nostri contatti umani si limitano alla sfera familiare. Pochi gli amici che frequentiamo. Spesso residuo di vita scolastica. Nemmeno i nostri colleghi di lavoro frequentiamo al di fuori dell'ufficio.

Siamo stati così bravi da chiuderci in un recinto, circondati da poche persone, che riteniamo degne di fiducia, togliendoci di proposito il gusto di imparare da altri. Privandoci dell'inebriante sensazione di scoprire, magari dove meno te lo aspetti, una persona con un'energia simile alla tua. Una persona dalla quale possiamo imparare e alla quale possiamo insegnare delle cose. Tutti noi facciamo esperienze di vita diverse. E non basta una vita intera anche solo per avere idea di cosa c'è là fuori; "sbirciare" nelle vite altrui è il miglior modo di scoprire altri luoghi. Altre sensazioni. E' il miglior modo di crescere come persone.

I nostri contatti umani sono filtrati ora da congegni elettronici che ci regalano l'anonimato. Per certi versi ci permettono di essere ciò che vogliamo. Di essere quello che non siamo. Perché chi siamo non ci piace.

E' proprio vero forse. Si chiamano passanti perché passano.

Alla prossima...

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