SPOSTIAMO COSE
Guardando uno dei tanti
documentari che passano sulle reti televisive sono rimasto colpito in
particolare da una frase detta dal narratore:
"...passiamo la vita spostando cose..."
Detta cos', sentita con
delle immagini accattivanti di sfondo può no voler dire nulla. In fondo, si sa,
l'immagine visiva, spesso, ha più peso delle parole, in molte circostanze.
Quella frase però è
rimasta lì un po' a girare in testa e mi ha ispirato lo scatto che vedete
allegato al post. Un'accozzaglia di oggetti. Utili? Servono davvero alla fine
tutte quelle cose? Passiamo la maggior parte del nostro tempo circondati da
oggetti e non dalle persone che ci fanno stare bene. Ci illudiamo che questi
oggetti ci facciano stare meglio ma in fondo, in realtà, non è così. E cosa ne
facciamo di questi oggetti? Cosa facciamo con loro? Li spostiamo .
Continuamente. Da un luogo ad un altro.
La nostra automobile per
esempio. Vedo persone legate in maniera maniacale alla loro auto. Ad un oggetto
alla fine che ci consente solo di essere più veloci negli spostamenti. Perché
la nostra società ci impone la velocità.
Queste persone curano la loro auto come fosse una persona. Un familiare.
Lavaggi, prodotti di bellezza, ricambi costosi e appariscenti, nuove gomme,
controlli continui. Dedicano più attenzioni ad un ammasso di metallo e plastica
che non alle persone che gli stanno accanto. E cosa ne fanno alla fine? La
spostano. Semplicemente. Da un luogo ad un altro. Dalla loro casa al luogo di
lavoro. Dal luogo di lavoro a quello di vacanza. In una gota fuori porta
magari. Da un parcheggio assolato e pieno di altre auto ad un altro. Fieri e
orgogliosi del loro pezzo di acciaio e plastica.
E nelle nostre case?
Nelle nostre tanto sudate abitazioni cosa facciamo se non spostare cose. Spostiamo
mobili e arredi mai soddisfatti della loro posizione, magari perché su una
bellissima rivista patinata qualche arredatore ci ha mostrato la sua casa dei
sogni e in fondo noi siamo un po' gelosi del fatto di non poterla avere e così
perdiamo tempo con oggetti inanimati, tempo che potrebbe essere dedicato alle
persone.
Inutili soprammobili
prendi polvere cambiano continuamente luogo di residenza. Ora su quel mobile,
ora in quella cristalliera. Quantità di scarpe e vestiti tutte le stagioni
migrano da un armadio ad un altro .
E al lavoro? Non facciamo
forse la stessa cosa? Spostiamo di continuo pezzi di carta dall'enorme valore
apparente (quando in realtà si tratta solo di parole vuote su alberi morti)
dalla nostra scrivania a quella del collega. Spostiamo centinaia di parole
virtuali battute su fredde tastiere di plastica da un computer all'altro con un
sistema così impersonale come l'e-mail che alla fine nemmeno ci rendiamo conto
che il nostro collega ormai è il computer e no la persona che sta due stanza
più in là della nostra.
Per mare centinaia di
navi, ogni giorno, si prodigano a spostare da una parte all'altra del pianeta.
Cose che verranno poi spostate in negozi grandi e piccoli, in centri
commerciali e grandi magazzini. Tutti luoghi dai quali noi potremmo prenderne
possesso e farle traslocare nelle nostre vite. O meglio. Farle pesare sulle
nostre vite.
Noi stessi migriamo come
branchi da un luogo all'altro. Nel migliore dei casi di nostra volontà. In
quello peggiore costretti. Nel caso peggiore di tutti costretti per l'interesse
economico di altri ai quali non importa nulla di noi. Perché siamo diventati
oggetti noi stessi.
Migriamo da casa al
lavoro. Dal lavoro al bar o alla palestra. E poi a casa. Nel luogo di
villeggiatura. Migrazioni e spostamenti continui che ci fanno perdere di vista
chi siamo. Cosa vogliamo veramente. E sopratutto di cosa abbiamo veramente
bisogno. Passiamo più tempo alle prese con oggetti e cose e con le loro migrazioni
che non con le persone. Siamo diventati la società degli oggetti e dei loro
spostamenti.
Alla prossima...
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