SOLITUDINE
Quanto può essere strano essere soli in un mondo perennemente connesso. Abbiamo tutti in tasca un rettangolo di plastica e metallo che con un click ci permette di vedere in tempo reale cosa succede dall’altra parte del mondo eppure siamo soli.
Grazie ad
internet possiamo parlare con un perfetto sconosciuto dall’altra parte del
mondo, possiamo lavorare da casa, possiamo vedere un film, possiamo ascoltare
musica. Poi però siamo soli. Internet riempie le nostre vite di rumori di
fondo, intasa il nostro cervello di informazioni, spesso inutili. Internet
riempie la nostra solitudine.
Il bello della
fotografia è che ti permette di vedere, se vuoi davvero vedere, cose che
altrimenti finirebbero
nascoste sotto quell’assordante rumore di fondo generato
dalla costante connessione che abbiamo sempre in tasca col mondo virtuale.
Grazie alla scusa della fotografia ti accorgi della solitudine che lentamente
avanza e si insinua fra noi. La vedi nei gesti lenti, negli atteggiamenti
sommessi, negli sguardi vuoti delle persone che sono disconnesse. Ti accorgi
che forse sarebbe meglio essere staccati dalla rete che farne parte. Ti rendi
conto che il tuo essere costantemente attaccato alla rete non è una necessità
ma un modo per evitare di sentirti solo. O meglio, un modo per evitare di stare
con te stesso, una persona che non conosci, che ti imbarazza, perché ti fa
vedere davvero chi sei tu.
Disconnesso dalla
rete sei solo, sei costretto a muoverti in un mondo che non ti appartiene . Forse
è proprio questo nostro sentire di non appartenere al nostro mondo che ci dà il
diritto di trattarlo così male.
Disconnesso dalla
rete c’è chi non ha nulla, e c’è chi ha solo i suoi ricordi che lucida ogni
giorno, ai quali si aggrappa per poter avere anche solo una pallida illusione
di vita. Come l’anziana signora della fotografia stagliata nella calda luce del
mattino, immobile su quella fredda sedia di metallo. Gli occhi fissi su
qualcosa che solo lei può vedere. Un ricordo di una vita passata, un momento di
felicità. La città le passa veloce davanti senza nemmeno accorgersi di lei. Una
città veloce, perennemente connessa.
Disconnesso come
quel signore sulla panchina davanti all’infinito del mare, le mani a stringere
qualcosa, una fotografia, un foglio ripiegato su se stesso pieno di parole,
chissà. Incurante di tutto, del mare, del vento, della città, del suo amico a
quattro zampe che sta sicuramente fiutando qualcosa.
Storie di persone
disconnesse, di persone altrettanto solo tanto quanto lo sono coloro
perennemente connessi. Forse la felicità sta nel mezzo. Disconnessi dalla rete
e lontani dai propri ricordi. Muoversi in un mondo vero e no virtuale, vivendo
nel presente e godendo di ogni attimo.
Alla prossima…
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